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Ma la dittatura familiare continua

A Cuba il potere a Raul Castro

Finalmente un comunista alla guida del Paese. Fidel comandava e basta

di Davide Giacalone - 25 febbraio 2008

Finalmente un comunista alla guida della dittatura cubana! Fin qui è stata nelle mani di Fidel, caudillo spagnolesco, dittatore impietoso, organizzatore di lager, imprigionatore di dissidenti, nazionalista egocentrico ed esibizionista, dotato d’indubbio fascino, capace di obnubilare le deboli menti dei pensatori che non pensano, ma mai comunista. Sì, è vero, finì nell’area d’influenza sovietica, alzò il pugno, baciò sulla bocca i colleghi dittatori, ma era solo il frutto della guerra fredda, era una conseguenza del modo in cui gli Stati Uniti avevano affrontato la questione cubana. Lui, Fidel, tutta questa roba se la sarebbe volentieri risparmiata e avrebbe accettato l’amicizia di chiunque gli inviasse i soldi necessari a restare il caudillo di un popolo ridotto alla fame ed all’ignoranza. Non ha forse accettato anche l’amicizia di Ahmadinejad?

Raul no, il fratellino era filosovietico di suo. Ora gli succede al potere, senza che la sinistra europea si faccia venire un soprassalto di dignità: ma che razza di sistema è quello in cui il potere s’eredita per via familiare? Che si fanno a fare le elezioni, se poi si è governati da una dittatura familiare? Sarebbero domande ben poste, sebbene in ritardo di una quarantina d’anni. Ma, per sicurezza, non se le pongono. Non hanno fretta, e ancora non si sono chiesti che fine abbia fatto Camillo Cienfuegos, che era capo delle forze armate prima che Fidel ci mettesse il fratello Raul. Correva l’anno 1959. Raul non è eguale a Fidel. Gli è subordinato, ma non uguale. Raul voleva la rivoluzione egualitaria, Fidel guardava lui e Che Guevara con commiserazione. Raul sosteneva che il comunismo fosse il paradiso, per Fidel il paradiso non esiste, e la cosa che gli somiglia di più è comandare. Raul è un pragmatico e voleva le riforme, Fidel è un saggio e ha sempre saputo che se ai cubani avesse dato un po’ di libertà si sarebbe ritrovato impalato. Dal che deriva che Raul gli deve la vita. Ma siamo arrivati a questo punto, al momento in cui la rivoluzione cubana non si evolve, perchè si è sempre involuta, ma muore. Di vecchiaia. Quindi anche Raul può essere un’occasione.

Non credo che Raul sopravviverà di molto a Fidel. Ma questo avvicendamento, buffonesco e terminale, dovrebbe consigliare la fine dell’embargo statunitense. Quell’embargo non era e non è sbagliato nel principio, e magari si potessero salvare le popolazioni afflitte dalla dittatura con misure di questo tipo. L’embargo è inutile ed in gran parte aggirato. L’embargo è una bandiera che ha proibito agli Stati Uniti di porsi realmente il problema della libertà dei cubani. Ora basta. Ora il regime sta per tirare le cuoia e ci si deve preparare al dopo. E, su questo, una parola: niente vendette, non servirebbero. Solo la parola fine, con il gioioso corollario di libertà, sviluppo, ricchezza. Se c’è qualcuno contro cui ci si dovrebbe vendicare (culturalmente parlando) non sono i responsabili della polizia cubana che tortura, ma quei quattro scemi d’intellettuali che si son sdilinquiti a chiamare progresso l’oppressione. Ma quelli non dovete cercarli a Cuba, quelli abitano nell’attico sopra casa vostra.

www.davidegiacalone.it

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